Come aprire un’attività di pellet per stufe, normativa, costi, consigli e modalità di produzione.
Aprire un’attività di produzione di pellet per stufe può essere sicuramente un’idea vincente. Infatti, anche a causa del costante aumento del costo dei gas naturali e degli idrocarburi, anche in Italia si stanno diffondendo alcuni sistemi alternativi per il riscaldamento degli ambienti. Tra i più efficaci ci sono le cosiddette stufe a pellet.
Questi caloriferi, invece di utilizzare la legna tradizionale (altro materiale il cui costo è in continua ascesa), irradiano calore bruciando il pellet, ossia un combustibile ricavato dalla segatura essiccata e compressa in piccoli cilindri, solitamente dal diametro di 6-8 millimetri. Si tratta di un combustibile interamente naturale, poiché la capacità legante della lignina permette la formazione dei cilindri di pellet senza l’utilizzo di collanti chimici. Il pellet, inoltre, genera maggiore calore rispetto ai ciocchi di legno: a parità di volume, ma non di peso, il potere calorifero dei cilindri è circa doppio rispetto a quello del legno. La pressatura del materiale permettere d’irradiare una maggiore quantità di calore.
Cosa serve per aprire una produzione di pellet per stufe?
Chi volesse aprire un’attività di produzione di pellet o è già un imprenditore nell’ambito della falegnameria, della silvicoltura o della logistica, e quindi vuole incrementare i propri introiti, oppure deve stringere accordi con questi soggetti per recuperarne gli scarti. Esistono appositi macchinari per il processo produttivo del pellet: alcuni, di piccole dimensioni, possono essere acquistati anche online a prezzi competitivi (circa 900 euro, salvo i costi di spedizione perché raramente sono costruiti in Italia). Si tratta di macchine dette pellettizzatici e producono una quantità modesta di cilindri, ma comunque sufficiente a dare avvio all’attività. Chi avesse dimestichezza con la meccanica, può costruire in autonomia uno di questi macchinari. Esistono anche tutor su YouTube. Per una produzione industriale, invece, occorrono impianti dal costo assai elevato, ossia dai 300mila euro ai 2milioni.
In Italia sempre più persone si stanno convincendo che questa soluzione per riscaldare gli ambienti sia particolarmente efficace ed economica. Anche per questo motivo il costo dei cilindri di segatura essiccata e pressata è aumentato nel corso degli ultimi anni. Il pellet in effetti ha quotazioni stagionali: i prezzi iniziano a salire a ottobre e a scendere a marzo. Nel 2012 un sacco da 15 kg costava tra i 3 e i 4,5 euro. L’anno scorso la cifra ha raggiunto i 5,5 euro per la stessa quantità di materiale. In Italia, inoltre, ci sono ancora poche aziende che producono pellet: circa l’80% del combustibile è importato. Produrlo per il mercato interno, riducendo di molto i costi di spedizione, permetterebbe all’imprenditore che decidesse di cimentarsi in questa attività di potersi porre sul mercato in maniera competitiva.
Normativa e burocrazia per produrre pellet?
In fatto di pellet, più che di una normativa in merito alla produzione, occorre parlare di standardizzazioni, e apposite certificazioni, che deve raggiungere la biomassa, come umidità inferiore al 10%, agenti leganti non superiore al 2%, produzione di cenere più bassa dello 0,7% ecc. In estrema sintesi si tratta della normativa tecnica dettata dalla UNI EN 14961 valida per biocombustibili come appunto il pellet, ma anche legna, bricchette e cippato. Nel caso in cui il pellet sia usato per scopi industriali, occorre seguire i dettami certificativi della UNI EN 15234.
Volendo intraprendere nell’ambito della produzione di pellet in quantità industriale, può essere interessante stabilire una join venture con alcune aziende che possono contribuire fino al 50% delle spese di start up.
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